valutare

Valutare è un modo per educare.
È un’arte. Come insegnare.
O come dipingere, o scolpire, o cucinare, o disporre i fiori in un vaso: occorre seguire regole precise.
Errato quindi affidarsi all’istinto: traditore perché soggettivo, oppure soggettivo, quindi traditore.
Sarebbe bello trovare qualcuno che ci dicesse: “Per dare un voto che sia davvero giusto, devi fare così…”
Purtroppo pochi esperti di docimologia si sbilancerebbero fino a questo punto.
Non resta che mettere le proprie carte in tavola: mettersi tutti intorno ad un tavolino (non una cattedra!) e parlarsi, per discutere un po’ insieme e … valutare il nostro modo di valutare!
La collegialità, come àncora di salvezza!
In pratica:
“Ora ti dico come faccio io, tu invece come ti regoleresti?”
“Non so come valutare questo compito: tu come faresti?”
I problemi sono davvero tanti:
Meglio chi sa un po’ di tutto o chi sa bene solo poche cose?
Un grosso strafalcione di quanto abbassa la media?
Nella media del secondo quadrimestre si mette anche il voto del primo quadrimestre?
Il recupero di una prova negativa si aggiunge alla media o sostituisce il voto precedente?
Quante valutazioni è bene avere per la valutazione quadrimestrale, senza superare la soglia dell’inutilità?
Per non parlare poi del problema base: il tanto famigerato voto!
Come passare da un punteggio grezzo alla percentuale?
E dalla percentuale al voto?
Il voto “6” corrisponde al 65% o ad altro?
Come e quando è meglio applicare la media ponderata?
Il giudizio SUFFICIENTE corrisponde all’intervallo 5.5 – 6.5, oppure dal 6.0 al 7.0, oppure ad altro?
Quanto vale numericamente un “IMPREPARATO?”
A quanto corrisponde una prova “INCLASSIFICABILE”?

Questo basterebbe a toglierci il sonno, ma ci sarebbe dell’altro ancora…
Ad esempio, il voto serve ancora? Non sarebbe meglio un giudizio sommario, globale, sintetico, che dica l’idea che ci siamo fatti di ogni nostro alunno, soprattutto se è pronto o meno ad affrontare la classe successiva.
Eppure, il voto ha la sua utilità: è una conferma se positivo, un campanello d’allarme se negativo.
È dal primo brutto voto che ci si deve mettere in moto, correre ai ripari, capire il “busillis” ed attuare i giusti comportamenti.
Se è vero che “sbagliando s’impara”, anche un brutto voto può essere utile: fa prendere coscienza, raddoppia l’attenzione, stimola un maggior impegno. Tutto valido anche per l’insegnante, che capisce di dover comunque correggere il tiro: rallentare, precisare, chiarire… insomma fare meglio il proprio mestiere.

Intanto propongo alcune schede di valutazione, da accostare a quelle che circolano attualmente, sempre in divenire, sempre troppo scarne, aride fino ad apparire insensibili. Pur tuttavia una base per la discussione, intorno ad essere umano chiamato “alunno”.

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